Un’improvvisazione in tre tempi
Lettura critica di Sonia Patrizia Catena
Un progetto in tre tempi quello del performer Alex Sala e del pianista Davide Macaluso. L’idea concettuale diventa azione corporea, assurge a simbolo, ed è trasfigurata attraverso la musica.
Uno studio sull’improvvisazione che indaga il tempo, lo spazio e la percezione del pubblico, laddove la durata della performance è data hic et nunc dalle azioni e dal suono: {T3MPO}1 (disintegrazione temporanea) in cui il performer, sdraiato a terra, è rivolto verso uno schermo su cui è trasmesso il suo volto in movimento; {T3MPO}2 (in between) l’artista è seduto su una sedia e ha alcuni fogli neri che coprono il suo viso e che in seguito vengono accartocciati e buttati a terra; {T3MPO}3 (regain | out) Sala si lava mani e volto con l’acqua contenuta in un cubo di vetro trasparente. Ognuna di queste azioni performative dialoga con la musica improvvisata del pianista Macaluso, solo alcuni elementi – video, fogli, acqua – assurgono da canovaccio, interventi umani e puntuali all’interno di un unico flusso temporale, quello dell’esecuzione, generando intenzionalmente il loro senso e dando forma al suono e ai gesti nel momento della performance.
La riuscita dell’improvvisazione musicale e di quella corporea dipendono una dall’altra, dal modo creativo ed espressivo in cui elaborano la “sorpresa” del suono e dei gesti. Il luogo della musica di Macaluso diventa quello della corporeità, nuova da evento ad evento, oltrepassa i confini del preordinato e opera nella dimensione della presenza, dell’agire improvvisato, vivendo e morendo durante una singola esecuzione che non è più ripetibile. Questi tre tempi performativi prendono forma nell’istante, il corpo e la mente degli artisti, lo spazio e l’atteggiamento del pubblico, l’atmosfera di quel momento, e tutto ciò che accade mentre si costruisce la musica e l’atto artistico. Ogni gesto, ogni suono, è unico e a sé stante, sempre diverso così come i sentimenti e le azioni del corpo che possono cambiare.
Il progetto di Sala e Macaluso riflette sull’idea di tempo e su quanto questo sia un’illusione, lo percepiamo in maniera soggettiva e al contempo è inesistente, accomuna ogni forma di vita anche se in maniera differente.
Dal latino tempus, da cui i termini greci τεµνω (separo) e τεµενος (recinto), il tempo è una dimensione attraverso cui “tagliamo” e “ordiniamo” gli eventi, altresì forma e prodotto dell’esperienza, di cui il soggetto è il principale artefice, in quanto costruisce il mondo, attraverso un processo narrativo che trova una chiave di lettura nella fenomenologia di Merleau-Ponty.
Il pubblico si ritrova altresì ad esperire due spazi, quello materiale e quello immateriale, evidenziando – attraverso le loro qualità intrinseche – come l’operato di Sala e Macaluso sia in grado di approdare a risultati difformi dialogando fra loro e con l’ambiente circostante. Lo spazio del performer è quello materiale, determina un coinvolgimento fisico e tangibile dello spettatore, il set è scelto e appositamente costruito per essere agito in un determinato modo, il quale a sua volta assurge a “corpo” con cui intessere una dialettica.
Diversamente, l’ambiente immateriale è quello musicale del pianista, qualificato da suoni che generano sensazioni mentali nel fruitore trascinandolo in un mondo altro, astraendolo dal sé.
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